mercoledì 14 marzo 2007

P come...

PROGRESSO:

Il concetto di progresso è legato alla visione della storia come percezione della manifestazione e dello sviluppo delle azioni umane. Sembra oggi più evidente, rispetto alle età precedenti, che il processo storico debba essere visto come una serie frammentata e discontinua di eventi legati non per necessità, ma per casualità e coincidenze, piuttosto che un susseguirsi continuo, lineare e monotono di eventi consecutivi. Questa nuova visione è chiaramente influenzata da almeno tre elementi chiave: il fallimento della scienza nel creare una sorta di utopia morale valida per tutta l’umanità; l’emergere del dubbio; l’improvvisa esplosione della dimensione ambientale.
La volontà di potenza è ideologicamente strutturata nella scienza moderna a partire dagli scritti di Sir Francis Bacon, e ha trovato un nuovo profeta alla vigilia della seconda rivoluzione industriale nell'opera di Auguste Comte, di cui è qui pertinente una famosa definizione di progresso: Savoir pour prévoir, prévoir pour pouvoir. Quindi è il pouvoir il fine supremo, un potere senza senza ulteriore finalità, un potere che, come si dice con una frase terribile, è fine a se stesso. In un certo senso qualsiasi sistema omeostatico è fine a se stesso, ma per la sua stessa definizione esso non può tollerare che diverga qualche processo interno, o di relazione con l'esterno, pena il collasso del sistema stesso. Queste 'soluzioni finali' sono evitate dai meccanismi di retro-azione che propriamente definiscono il sistema come omeostatico. Un potere fine a se stesso è altra cosa, e storicamente se ne è conosciuto un solo tipo, quello esercitato dall'uomo sull'uomo. Esso non tollera i meccanismi di retro-azione che potrebbero diminuire la sua potenza, e dato che nella realtà del nostro mondo non possono aversi processi divergenti all'infinito, un potere di questo tipo sarebbe comunque destinato ad un tracollo catastrofico se non intervenisse un altro fattore. Le risorse su cui si esercita il potere sono sempre limitate, così talvolta esse semplicemente si esauriscono e il potere connesso si illanguidisce, per poi terminare definitivamente (qui aiuta il trascorrere del tempo). Il caso della tecnologia, fine a se stessa, è però più inquietante di quello di un despota.
L'analisi filosofica della tecnologia, così come lo studio della sua realizzazione nella storia dell'ultimo paio di secoli, hanno posto l'accento su due aspetti importanti per il problema della violabilità della natura. Il primo aspetto è già stato citato: "Al cuore della rivoluzione moderna è la liberazione dei mezzi dai fini (ora presentati come costrizioni)". I mezzi devono 'eccedere' i fini per potersi liberare dalla servitù verso di loro. Questa 'eccedenza' sovrabbondante è straripata, rompendo gli argini della tradizione, e portando ad uno stravolgimento ripetuto, quasi continuo dei modi di vivere. Bauman è icastico su questo punto:

"La messa a punto tecnologica è la prima dichiarazione di indipendenza dei mezzi dai fini e poi definitivamente, l'annuncio della sovranità dei mezzi sui fini: «Ecco la macchina, viaggiate». La meta non è importante; importante è avere la macchina".

si veda: J.B. Bury, Storia dell’idea di progresso, Milano : Feltrinelli, 1964.

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